sabato 10 marzo 2012

Milano: Area C, a rischio non solo il commercio


MILANO: L’Area C è attiva dal 16 gennaio e ha ridotto del 30 per cento la congestione nei Bastioni e del 40% il calo degli affari. Milano deve sicuramente imitare città Europee dove la lotta all’inquinamento è gestita da anni con risultati quasi sempre buoni, ma bisogna anche tenere conto delle differenze economico-strutturali che queste città hanno se paragonate a Milano. L’Italia a differenza di quasi tutti i paesi Europei possiede un tessuto commerciale vastissimo che si sviluppa da sempre nelle vie e nelle piazze delle nostre città. I centri storici, e non solo, sono dei veri e propri centri commerciali all’aperto che ci permettono di comprare qualsiasi cosa esigiamo sotto casa. Il negoziante o l’artigiano sono una risorsa enorme per l’intera nazione, un commercio capillare su cui il cittadino ha sempre potuto contare. Diversa invece la cultura dello shopping nelle altre capitali europee dove la diffusione del centro commerciale ha inizio molti anni prima. Le prime gallerie pedonali ottocentesche possono considerarsi il modello ispiratore degli attuali Shopping Center, il cui primo esempio è costituito dal Piccadilly Arcade di Londra (1810); dal quale hanno tratto ispirazione le nostre gallerie Vittorio Emanuele (1872) a Milano e Principe di Savoia (1878) e Umberto I (1890) a Napoli.
I primi Centri Commerciali in Europa si diffondono con forte impulso in Francia tra il 1972 e il 1974 mentre in Italia, alla fine degli anni settanta, si contano solo 10 realizzazioni e bisognerà attendere la metà degli anni 80 perché il fenomeno raggiunga una certa consistenza numerica.
Motivo per cui lo sviluppo del commercio al dettaglio nel nostro paese ha assunto direzioni diverse dalle altre città europee e oggi lo shopping si concentra tutto nelle vie del centro. Diventa difficile dunque da noi pretendere di adottare misure anti inquinamento semplicemente riducendo il transito delle auto, rendere troppo difficoltoso l’accesso allo shopping in un paese come l’Italia rischia di uccidere non solo il commercio e il lavoro in genere ma di compromettere l’intera cultura di un paese, l’arretratezza poi in cui vessa l’Italia riguardo una vera alternativa commerciale rischia inoltre di soffocare quel prodotto italiano che difficilmente trova spazio negli shopping center.
Bisognerebbe forse ragionare su larga scala dei problemi che potrebbe comportare l’incaponirsi di certe amministrazioni su traffico e inquinamento, nonostante quest’ultimo sia argomento di tutto rispetto, e comprendere le ragioni dei commercianti, ragioni che vanno ben oltre i loro personali interessi.

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