Sulla polemica dello sportello immigrazione chiuso nel
comune di Saronno, i ciechi furori ideologici di chi criminalizza una scelta a
mio parere giusta non sono mancati. Tutto sommato comprensibili, considerato il
tema delicato su cui si è intervenuti.
Il fatto è che il più delle volte gli antagonisti, o
coloro che si rispecchiano in tale figura, pur di opporsi alle scelte di chi
amministra la città, si perdono in punti di vista e prospettive chiuse e
recintate su terreni, oserei dire, stagnanti.
Prendiamo ad esempio Attac di Saronno, Centro d’incontro
e Centro recupero Arti e Mestieri. Un’organizzazione che poco ha a che fare con
il tema immigrazione ma che ama contestare, per mezzo dei suoi comunicati, le
scelte di chi amministra la città. Lo faceva in passato con il sindaco Porro e
lo fa oggi con il sindaco Fagioli.
Vi ho appena illustrato il lato positivo di quest’organizzazione.
Quello negativo, secondo il mio modesto parere, è l’irrazionalità. Almeno per
quanta riguarda l’articolo apparso su Il Saronno
di giovedì 28 gennaio dal titolo “Con furore ideologico si copre la mancanza di
idee”.
Ho paura che le vere vittime di furori ideologici siano
proprio quelli di Attac.
L'articolo esordisce con questo incipit: “E così chi governa Saronno ha deciso di
chiudere l’Ufficio Immigrazione del Comune. Secondo l’assessore Tosi, era
“discriminatorio”. Secondo lui, chi ne usufruiva – cioè gli stranieri
regolarmente residenti a Saronno – avrebbe avuto una sorta di “corsia
preferenziale” ai servizi da esso erogati.
Falso, o almeno in parte. Le parole dell’assessore Gianangelo Tosi,
che potete leggere sull’articolo uscito il 15
gennaio 2016 su Libero, son ben altre. Tra l’altro, il titolo del qui detto
articolo riporta egli stesso una falsità (La scelta di Saronno. Discrimina gli
Italiani. Chiuso lo sportello immigrati), poiché quelle affermazioni, che appartengono
non all’assessore Tosi bensì al capogruppo della Lega Nord Angelo Veronesi,
furono fatte nel 2011. Ben lontano dai giorni nostri dunque. Ma per accorgersi
di ciò bisognerebbe leggere tutto l’articolo e non soffermarsi solo sui titoli.
Ma questa è un'altra storia.
Supponiamo però che sia una delle motivazioni: a me non
risulta in questo modo siano negati i servizi minimi agli immigrati, a meno che
la corsia preferenziale, come ama definirla il capogruppo della Lega Nord, non sia
ritenuta tale.
Tornando però alle parole dell’assessore Tosi, mi vorrei
soffermare su una frase che ritengo importante e che dovrebbe fare riflettere
non solo quelli di Attac, ma tutti coloro che si oppongono a questa decisione.
Egli dice: “Voluta non per discriminare gli stranieri,
avere uno sportello dedicato solo agli immigrati era una scelta inutile e
discriminatoria, quasi in stile apartheid”.
Forse è così che andrebbe intesa tale scelta.
Cos’è che danneggia maggiormente la ricerca di ciò che è
bene per l’uomo, e cioè l’etica? L’obbligo
per gli immigrati di mettersi in coda agli sportelli utilizzati anche dagli
italiani, oppure l’esistenza di uno sportello solo per loro? Io credo la
seconda, che mi ricorda molto la Population Registration Act, legge che
imponeva ai cittadini di essere registrati in base alle loro caratteristiche
razziali. Accadeva in Sud Africa nel ’48.
Tutto questo per rispondere ad Attac che più che
distrazione di massa, come indicano loro nell’articolo, io parlerei di un raggiro
ai danni del cittadino, da parte degli antagonisti, sulle vere ragioni per cui
questa decisione ha del positivo.
E non importa se poi questa scelta fa felice chi sulla
questione immigrazione ci fa da sempre campagna elettorale, ciò che conta è
aver eliminato un’ombra razziale che gravava sulla nostra morale, a insaputa di tutti, da
troppo tempo.