Il Grillo Parlante, periodico del comune di San Siro dove
io risiedo, è arrivato nella mia buca lettere anche questo mese, se pur con un
certo ritardo intendiamo. Lo sfoglio senza troppo interesse lo ammetto,
difficilmente mi appassionano articoli dettati da coloro che ci governano dove
gli sbandieramenti a loro favore pare siano gli unici temi che valgano la pena
d’essere stampati su un giornale monocolore. Ma questo accade in tutte le città
italiane, nulla di nuovo insomma. Per cui, che interesse può avere un cittadino
che non si riconosce nella forza politica che detiene il giornale oltre che l’amministrazione
del suo comune? L’unico interesse che può spingere un cittadino a leggere un
tale giornale privo di contradditorio è quello della critica, costruttiva
naturalmente. Aggiungo costruttiva perché il parlare politicante penso sia il modo
migliore per rispondere a chi il politico lo fa di professione e, come ben
sappiamo, capace di interpretare e trasfigurare il significato della lingua
italiana a suo uso e consumo. Motivo per cui alla parola “critica” ho aggiunto "costruttiva"
perché non si confonda con "polemica".
Spero che il sindaco Claudio Raveglia sia riuscito a tollerare
anche questa mia introduzione visto e letto l’articolo dal titolo "Tra tolleranza e responsabilità"
pubblicato sull’ultimo numero del Grillo Parlante. Sortisce così: “Tolleranza non è sinonimo di
eccessivo buonismo, fidatevi, potete anche controllare sul dizionario se volete.
Tolleranza, in fondo in fondo, esprime una funzione positiva..” e poi ancora “tolleranza
non è sinonimo di debolezza..che la mediazione sia l’arma migliore”.
Quale pensiero si nasconde dietro queste poche parole di
un testo mediocre? La parola “tolleranza”, che il sottoscritto mal digerisce, è
semplicemente sinonimo di sopportazione, e se la sopportazione contiene
qualcosa di buono, positivo in fondo in fondo, come indica Raveglia, cosa
dovremmo aspettarci in superficie? I
contrari di buonismo e debolezza per caso? Sì perché il sindaco ci tiene a
sottolineare nel suo discorso che non ama essere né troppo buono, né troppo debole
ma pronto a sopportare, fino a un certo punto, poi le decisioni spettano a chi
di dovere, scrive, cioè a lui.
Un uomo con una grande sopportazione a quanto pare; un
uomo che nel suo articolo definisce la mediazione un’arma e non un metodo, un
modo, una maniera; un essere che afferma che la tolleranza ha un limite, oltre
il quale si cade nell’intolleranza? Un sindaco che si lamenta dei propri cittadini
perché pensano troppo a se stessi e non alla collettività. Perché, come afferma
il sindaco, sempre sull’articolo, prima di fare dei lavori bisogna pensare se
questi siano davvero necessari. Necessari a chi signor sindaco?
La strada intervalliva Plesio Carcente era necessaria, soldi spesi bene? E la centrale idroelettrica che sarà costruita da un’azienda cui fa capo lei e il vice sindaco, con i soldi della provincia/regione, è per la collettività o per la sua azienda?
La strada intervalliva Plesio Carcente era necessaria, soldi spesi bene? E la centrale idroelettrica che sarà costruita da un’azienda cui fa capo lei e il vice sindaco, con i soldi della provincia/regione, è per la collettività o per la sua azienda?
Riassumendo il suo discorso egli dice: Ok, vi tollero, vi
sopporto fino a un certo punto poi scatta la mia intolleranza, perché tutto ha
un limite. E giusto per dimostrarvi che non sono né buono, né debole, dopo aver usato tutte le armi a mia
disposizione per la mediazione, deciderò io come spender i vostri soldi! E per finire il suo appello nella chiusa dell’articolo è:
“Amministratori tolleranti, dunque, ma cittadini più responsabili”.
Nella mia di chiusa invece mi vedo costretto a fare
questo di appello: Amministratori irresponsabili? Cittadini intolleranti!
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