sabato 7 febbraio 2015

L'acqua è di tutti, ma si vende.



Ma se io non ho il diritto di raccogliere, con un banale metodo, per mezzo di un imbuto collegato a un tubo, l’acqua del torrente che mi passa di fianco al terreno, e poterne usufruire gratuitamente per innaffiare l’orto perché del demanio, mi chiedo: se è del demanio, è di qualcuno o qualcosa, e persone a capo decidono se posso o non posso. E se non posso, anche quando ci sono tutte le condizioni per non intralciare la vita pubblica del vicino o di chiunque altro, perché qualcuno decide così, mi chiedo, non è che per caso questa battaglia contro la privatizzazione dell’acqua fu più una battaglia sulla sua gestione, e che realmente l’acqua in democrazia non è mai stata libera e mai lo sarà?

L’acqua non si vende, fuori l’acqua dal mercato, fuori i profitti dall’acqua, illustravano a chiare lettere i manifesti pro referendum. Belle parole ma ai fatti, una vera battaglia in questo senso non è mai neanche cominciata. Se pensiamo poi che i risultati, a tre anni dal referendum, dimostrano l’inutilità dello stesso, a discapito di un ulteriore sperpero di denaro pubblico, rabbrividisco.  E’ bastato togliere dalla fatturazione la voce “remunerazione del capitale investito” per inserirne un’altra dello stesso valore, chiamata “oneri finanziari. E tutto è rimasto com’era mentre il passaggio a gestione pubblica va a rilento.
 Gestione pubblica, ecco il vero scopo del referendum, la gestione dell’acqua e non il libero accesso. L’acqua si vende eccome, lo dimostra pure il fatto che se decidi di farti un pozzo nel tuo giardino, per smarcarti dalla dipendenza della gestione pubblica o privata, sei soggetto a tasse comunali, oltre che limiti sui prelievi annuali d’acqua. Ma allora di cosa stanno parlando? L’acqua è o non è un bene comune libero da limiti e da profitti?
In conclusione, posso affermare di essere orgoglioso di non aver partecipato a un referendum che non si batteva certo per la difesa dell’acqua libera e fuori da profitti, di non aver preso parte a un’ingannevole battaglia che ha trascinato milioni d’italiani, con falsi slogan, in un voto inutile e dannoso, se pensiamo che battaglie come queste calmeranno gli animi per i prossimi trent’anni. E l’acqua si continuerà a vendere. E fra trent’anni se ne riparlerà. Peccato, abbiamo perso una buona occasione, ma non sentiamoci colpevoli per questo, la storia ci insegna che tutte le rivoluzioni nascono da un piccolo focolare, che il più delle volte è convogliato, da menti astute, in suburbi dove, bruciando e consumandosi, crei meno danni possibili lasciando che le cose restino come sono.  E’ il caso dell’acqua, una rivoluzione è stata fatta, gli animi si sono acquietati, passiamo ad altro.

Nessun commento:

Posta un commento