Mi piacerebbe chiedere a Giuseppe Conte
dei sui raccoglimenti spirituali il giorno di Natale in famiglia
nella sua amata Puglia. “Natale momento di raccoglimento
spirituale” afferma in un video “ in tanti non viene bene”
conclude. Questa sua affermazione, fatta durante la tre giorni della Cgil Futura, ha
un non so che di beffardo. Non riesco a credere che questo lo abbia
potuto dire un pugliese, uno che conosce molto bene il significato di
Natale in meridione. Ma probabilmente il nostro bel Conte, così
raffinato, elegante, e forse un po' snob, i suoi Natali li passa
tristemente a tavola con due o al massimo tre persone, forse quattro.
Perché questa importante festa che tra i pugliesi esplode in fuochi
d'artificio il giorno della vigilia e il giorno dopo e quello dopo
ancora in cui solo per preparare il fritto misto si impegnano la
mamma, la zia, la sorella e l'altra zia, in cui i bambini superano
per numero quello degli adulti e tra fratelli, sorelle, nonni e
consorti se ne contano non meno di una trentina se va bene, a lui non piace fatta così e forse un po' se ne
vergogna ora che ha una reputazione da difendere. Già, perché il
terrone che c'è in lui vuole essere domato in nome dell'eleganza che
una posizione come la sua richiede. E allora, per convincersi, arriva
a pronunciare quelle parole che di fatto rinnegano le sue stesse
origini e con esse la cultura e le sue stesse qualità che lo hanno
portato a diventare Presidente del Consiglio.
Povero Conte, pur di nascondere i suoi
errori e quelli del governo in fatto di organizzazione e gestione
della pandemia; sui pochi posti letto aggiunti durante la tregua in
terapia intensiva, sulle misere attrezzature date in dotazione a
medici e infermieri e sulla totale impreparazione in gennaio quando
era chiaro che sarebbe presto arrivato il virus, cause che ci hanno portato nella situazione in cui ci troviamo, pur di nascondere
tutto questo dicevo, , arriva a rinnegare pure il Natale come occasione di ospitalità e di raccoglimento di tutta la famiglia continuando di fatto a riversare la colpa solo sul popolo. Sul distanziamento sociale
non mantenuto, sulle mascherine, sulla movida e ora sul Natale dove è
arrivato a rinnegare addirittura le sue usanze, le sue origini pretendendo che il popolo faccia lo stesso. Pena la responsabilità.
La chiesa dovrebbe intervenire e
insegnare lui come riesce a rendere una messa con decine e decine di
fedeli un momento spirituale e di raccoglimento bello senza essere
necessariamente in pochi.
Dovrebbe istruirlo sul fatto che il messaggio di Natale è che noi tutti non siamo mai
soli, che è il giorno in cui si accende il fuoco dell'ospitalità in
casa e la cordiale fiamma della carità nel cuore, che a Natale non
importa cosa trovi sotto l'albero ma chi ci trovi intorno.
E invece, quello di cui più si
preoccupa il Conte oggi è di cosa dovresti trovarci sotto
l'albero e non intorno: i regali e dunque l'economia e il consumismo. Che per
carità, mai come ora ne abbiamo bisogno, ma il rischio di
trasformare una festa di raccoglimento e spiritualità solo in un
carrozzone consumistico in cui i partecipanti si vedranno costretti a
farsi gli auguri in teleconferenza e ricevere regali acquistati su
Amazon e spediti con il corriere magari vestito da Babbo Natale, è
alle porte.
Ora, capisco la difficile situazione in
cui ci troviamo e non avrei infierito sulle responsabilità se Conte
non avesse fatto lo stesso nei confronti dei cittadini ma, mi chiedo,
e chiedo al Presidente del Consiglio, non sarebbe bastato dire che
per quanto il Natale sia un momento e un'occasione unica per
ritrovarci tutti insieme è opportuno da parte nostra un ennesimo
sforzo e invitare i cittadini solo a non creare pericolosi
assembramenti alla cena di Natale e durante tutto il periodo festivo?
Senza aggiungere altro. Risparmiandosi così quell'infelice battuta e
ottenendo comunque il risultato sperato. Ma forse il suo obbiettivo
era un altro e a qualcuno ancora sfugge.
CPB
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